Oggi il popolo rumeno è fra i primi in Europa per fede cristiana. L’ambasciatore Liviu Petre Zăpârţan racconta la visita del Papa

da admin

Impegnata in progetti di cooperazione a favore dei minori abbandonati che vivono in istituti e comunità in Romania, in occasione della visita di Papa Francesco Margherita Chiara Immordino Tedesco ha incontrato l’Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario di Romania, presso la Santa Sede e il Sovrano Ordine di Malta, Liviu Petre Zăpârţan.

Eccellenza, quando è cominciato il suo prestigioso incarico come Ambasciatore per la Santa Sede?

Ho ricevuto il mio presente incarico circa due anni fa e da allora ho profuso il mio personale impegno con passione e gioia, anche per contribuire a sviluppare le già avviate relazioni tra il mio Paese e la Santa Sede, anche in vista del viaggio apostolico di Sua Santità Papa Francesco, che dal 31 maggio al 2 giugno 2019 ha visitato le città di Bucarest, Iași e Blaj, nonché il Monastero francescano e Santuario mariano di Șumuleu Ciuc.

Quali sono stati i rapporti diplomatici fra la Santa Sede e la Romania negli ultimi decenni?

I rapporti diplomatici tra la Santa Sede e l’allora regno di Romania risalgono al 1920. La Romania rappresenta il Paese erede della romanità orientale e, dal Medioevo in poi, il suo popolo è nel Sud-Est europeo quello maggioritario neo-latino di fede ortodossa. Il Concordato che venne siglato nel 1929, costituisce il primo Trattato stipulato tra il Vaticano e un Paese a maggioranza non cattolica, a seguito del completo cambiamento dato dalla mutata situazione internazionale che si era venuta a determinare dopo la Prima guerra mondiale. Al timore rumeno di un’alleanza tra l’elemento cattolico e quello etnico ungherese, in funzione anti-rumena, infatti, con l’annessione della Transilvania si aggiunse un cospicuo aumento della popolazione cattolica, tale da rendere necessario un accordo tra il governo di Bucarest e il Vaticano.

Quale importanza ha rivestito il Concordato da lei menzionato?

Il Concordato riveste un ruolo fondamentale e strategico, non solo per il suo carattere religioso, ma per la gestione sociale delle minoranze etniche. Grazie alla sua firma, la Chiesa cattolica è stata considerata una religione dello Stato e ha potuto quindi organizzare la propria gerarchia, fondare Istituti e Congregazioni, possedere beni, impartire l’insegnamento religioso ai propri fedeli in assoluta libertà, pur tuttavia sempre in aderenza alle Leggi dello Stato rumeno. Si può dunque affermare che tale Concordato, unito alle dette Leggi sociali, abbia concorso a delineare un certo carattere rumeno della Chiesa cattolica: il controllo degli affari della Chiesa da parte della Conferenza delle Parrocchie diocesane; la limitazione al dominio ecclesiastico degli interventi della Santa Sede; il rispetto della Costituzione e delle Leggi del Paese; la garanzia di una certa libertà di confessione spirituale.

La storia ha visto il popolo rumeno vittima delle terribili persecuzioni dittatoriali comuniste, possiamo considerare oggi, la Romania unita nella fede cattolica?

Oggi il popolo rumeno è fra i primi in Europa per fede cristiana. Un traguardo significativo, specie se pensiamo al lontano 1948, anno in cui il Partito comunista conquistò il Governo del Paese e in cui entrò in vigore un Decreto che vietava ai greco-cattolici l’esercizio della propria libertà religiosa. Da quel momento aveva avuto inizio una feroce e implacabile persecuzione, ordita dal regime comunista contro la Chiesa greco-cattolica rumena nel suo complesso, per contrastarla e distruggerla. Tutti i Vescovi venivano difatti perseguitati, messi in carcere o persino uccisi. Agli arresti finirono anche sacerdoti, religiose e laici. La Chiesa greco-cattolica fu spogliata di tutto e ridotta in clandestinità fino al 1989, anno della caduta di Ceaușescu e fine della piaga del Comunismo. Tale politica di persecuzione derivava a sua volta dalla quella sovietica di Stalin, che, dopo il secondo Conflitto mondiale, perseguiva l’estirpazione delle Chiese greco-cattoliche dei Paesi del blocco sovietico, per pervenire al primato della Chiesa ortodossa russa, con l’unione delle Chiese ortodosse sotto il Patriarcato di Mosca.

Dal 31 maggio al 2 giugno ha visitato la Romania, come è stata percepita questa storica visita dal popolo rumeno?

Come accennavo poc’anzi, ho lavorato intensamente con la Santa Sede per organizzare la prossima visita del nostro Santo Padre: un nuovo viaggio alle periferie d’Europa, che ha fatto seguito a quello in Bulgaria e nella Macedonia del Nord, appena svoltosi dal 5 al 7 maggio. Nei tre giorni di visita nel mio amato Paese, si è realizzato anche un incontro con la comunità Rom. In questo delicato periodo, trafitto da incessanti guerre religiose e gravi persecuzioni dei Cristiani, il popolo rumeno si sente particolarmente solidale con le vittime, anche in virtù del vivo ricordo dei cinque milioni di Cattolici perseguitati dal regime comunista, solo per essere voluti rimanere fedeli al nome di Cristo. L’arrivo del Santo Padre, per la prima volta nella nostra terra, è stato percepito come il voler proclamare la resurrezione di Cristo, contro la malvagità di regimi dittatoriali e di cellule terroristiche che, in nome di un “falso Re”, immolano vittime innocenti, a partire dai bambini.

Una fiamma che va ad alimentare una fede insita nel popolo rumeno quindi?

La visita di Papa Francesco riaccende così la memoria su di una pagina spesso dimenticata nella Storia del Novecento europeo. I Comunisti non sopportavano l’idea di un’Istituzione come la Chiesa greco-cattolica, la quale rispondesse a un’autorità esterna tanto potente quanto il Vaticano. Proprio perciò ne decretarono lo scioglimento e arrestarono tutti quei prelati che continuavano a rifiutare la conversione all’ortodossia. Tutte le proprietà della Chiesa greco-cattolica vennero confiscate. La sede della metropolita Blaj passò sotto il controllo dello Stato, mentre le piccole Chiese locali vennero acquisite e inglobate dalla Chiesa ortodossa-rumena. I romano-cattolici evitarono la conversione forzata, ma furono costretti a interrompere ogni rapporto con il Vaticano. Proprio a Blaj – piccolo centro della regione della Transilvania, che si è ribellato con tutte le sue forze – avverrà la beatificazione di sette Vescovi uccisi dal regime comunista. Tutti morirono in carcere o agli arresti domiciliari. Alcuni, come il martire e già Servo di Dio Titu Liviu Chinezu, a seguito delle atroci sofferenze loro inferte. Il regime rumeno-comunista nel 1948 aveva infatti ufficialmente sciolto per Decreto la Chiesa greco-cattolica, “invitando” più o meno forzatamente i suoi originari fedeli ad aderire a quella ortodossa, l’unica tollerata. Debellato il Regime, anche io attraverso un’attività instancabile ho cercato di far avanzare l’immagine culturale e propositiva della Romania. La nostra Chiesa greca-cattolica lavora anch’essa per alimentare un sempre più proficuo e lungimirante dialogo con la Santa Sede. La Romania, regione tradizionalmente di lingua latina, è diventata un nodo nevralgico anche per la sua posizione nel corridoio dei Balcani.
Come è proiettata la Romania nel contesto Europeo?

La vista del Santo Padre ha luogo durante il periodo di Presidenza del Consiglio nel semestre europeo, della Romania insieme con Croazia e dopo la Finlandia . Le tre Presidenze hanno tutte sottolineato l’importanza di stimolare la crescita europea, di migliorare le condizioni per la competitività, di rafforzare la sicurezza interna e di promuovere i valori europei di democrazia, libertà e rispetto per la dignità umana, sia nel Vecchio Continente che al di fuori dei suoi confini. La Romania, in particolare, intende anche combattere razzismo, xenofobia, antisemitismo, e in generale le crescenti forme di intolleranza e populismo, mirando al contempo a definire con un impegno concreto e in modo più efficace la politica di difesa dell’Europa. Soltanto in forza dell’unione con la “Casa comune”, il mio Paese può mettere a punto un piano di sviluppo, anche in chiave economica.

Come è stato accolto dalla popolazione il sistema democratico in Romania, rispetto allo storico del Paese?

Noi siamo “i viandanti dell’Est”, fedelmente attaccati ai valori europei, anche perché, fino a qualche decennio fa, il Popolo rumeno aveva conosciuto solo Dittature, per cui, dopo l’oppressione comunista, ricostruire da soli una mentalità democratica e una spiritualità volta al dialogo, sarebbe altrimenti tanto indispensabile quanto arduo da realizzare.
Voglio tuttavia rimarcare a tal riguardo un aspetto di primaria importanza. Certamente la nostra spiritualità è stata soffocata dalla Dittatura, ma i rumeni hanno resistito, anche guardando dentro loro stessi e scegliendo di professare il proprio culto della fede, ribellandosi ad anni bui e di repressione, grazie anche all’illuminante e coraggioso esempio di tante personalità eminenti. Sono stati ispirati da molti uomini saggi e di Cultura, che hanno saputo prefigurare la ricostruzione di una mentalità moderna, onorando nobili ideali e dando lustro ai valori autentici e superiori, anche a costo della propria stessa vita.

Il viaggio del Papa è stato un’occasione per rendere omaggio ai martiri rumeni, caduti in nome della cultura e della libertà e si erga come un incoraggiamento per le nuove generazioni a esprimere sempre la loro fede con lealtà verso se stessi e coraggio verso chiunque le attenti.
Il motto della visita del Santo Padre è stato “camminiamo insieme” perchè si è scelto questo slogan?

Il motto della visita – Camminiamo insieme – è un’eloquente esortazione alla coesione, anche per prevenire e combattere chi si ponga contro la libera espressione della fede, in perfetta sintonia con il programma politico presentato per il semestre europeo dal Presidente del Consiglio di Romania. È altresì fondamentale generare il clima adatto per sostenere un dialogo e una negoziazione capaci di trovare una soluzione alle due delicate questioni che pendono come la spada di Damocle sulla testa dell’Europa: la Brexit e il Bilancio a lungo termine. La politica comunitaria di sempre più compatta affermazione deve guardare avanti, per consolidare la propria identità e le sue relazioni internazionali, rinvigorendo la sua posizione di unità di sguardo e di intenti. Le questioni concrete, come il punto di passaggio nel Mar Nero e la questione religiosa che riguarda l’Ucraina, sono senz’altro due tematiche delicate da affrontare. Il punto di vista rumeno vede essenziale a tale scopo un rafforzamento dell’unità del mondo cristiano tutto, attraverso un sempre maggiore dialogo interconfessionale e interreligioso.

Qual’è il suo personale pensiero sulla visita del Santo Padre nel suo amato Paese?

Il Santo Padre, che proviene dall’Argentina, quindi – come dalle sue prime, stesse parole – “dalla fine del mondo”, ha rivolto una speciale attenzione alle questioni europee. Tutte le sue riflessioni sul tema sono rivolte a un’Europa come centro di convivenza e di comunione dei Cristiani e di affermazione di valori spirituali comuni, che fondano appunto le proprie radici sull’identità cristiana delle nostre origini. La visione di Dio che incoraggia la Scienza, la Fede che ispira lo sviluppo delle nuove tecnologie, l’ispirazione degli scienziati che si sentono guidati da una mano invisibile… sono dunque il corretto orientamento all’insegna di un percorso di progresso e di crescita, che persegue innanzitutto condivisi valori di un’etica che potrà essere l’autentica chiave di svolta.

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