L’uomo, la coscienza e l’intelligenza artificiale a Treviso: un confronto tra il Prof. Vittorino Andreoli e il Prof. Federico Faggin

da admin

e Margherita Chiara Immordino Tedesco

Si è svolta presso l’Aula Magna dell’Università a Treviso, una conversazione fra lo psichiatra e scrittore Prof. Vittorino Andreoli e il fisico, inventore del primo microchip e del touch screen e imprenditore Prof. Federico Faggin sul tema complesso della coscienza umana e l’intelligenza artificiale. Molte le riflessioni e gli spunti da ambo le parti che si sono stimolate a vicenda e moltissimi anche i giovani presenti in sala.

Andreoli di Verona e Faggin di Vicenza, a Treviso, hanno “giocato” in casa veneta ma si poteva capire fin dalle prime battute il respiro internazionale delle rispettive conoscenze. I due grandi esperti italiani si sono trovati concordi in molte cose (pur partendo da esperienze di vita e professionali molto diverse) tra le quali il fatto che il computer e le macchine sono prive di dubbio, non fanno delle ipotesi, non hanno delle intuizioni e la consapevolezza è qualcosa in più che non è replicabile. Oggi si sta assistendo alla meccanizzazione delle reti neurali con una emulazione a transistor del nostro organismo, ma la simulazione e l’architettura di un sistema che potesse risolvere l’intelligenza artificiale non è mai riuscita.

Negli ultimi cinque anni c’è stata una forte crescita esponenziale degli esperimenti che hanno come obiettivo finale quello di creare un automa in grado di superare l’essere umano ma, a parte questo, la cosa preoccupante è che nessun scienziato oggi o libro di genere scientifico nomina la parola coscienza. Da qui si può evincere che probabilmente questo fattore non serva ai fini del risultato finale. Se così fosse, a detta del Prof.

Faggin, siamo di fronte a un serio problema che riguarda l’esistenza e la sopravvivenza propria dell’uomo che può essere quindi sostituito in tutto e per tutto. Lo stesso prof. Faggin, risalendo al 1986, pensò a come convertire segnali biochimici in emozioni e sensazioni ma non vi trovò soluzione finché una mattina gli accadde qualcosa di straordinario che lo sconvolse fino a dire: “Il mondo ero io ed io ero il mondo che osservava me stesso.

Ebbi modo di fare un’esperienza unica e irripetibile, come di trasformazione. L’infelicità di colpo scomparve e al suo posto subentrò una profusione che chiamai semplicemente ‘Amore’, quel sentimento non romantico e non indotto artificialmente, ma spontaneo e molto intenso che mi permise di comprendere e capire che siamo fatti di luce, nonché di decidere di intraprendere una nuova strada o modo che portasse a unire due mondi al momento paralleli: la scienza e la spiritualità”. Anche il Prof. Andreoli dal canto suo, ebbe alcune folgorazioni stando vicino a dei luminari negli anni ’70 e ’80, soprattutto quando si scoprì nel 1984 che il cervello è plastico e si modifica in continuazione sulla base delle varie esperienze. Esperienze che possono essere purtroppo anche sgradevoli e compromettere la nostra vita a volte quasi irrimediabilmente (vedi schizofrenia o alzheimer).

L’altra grande associazione che ne è uscita è la correlazione e il legame tra memoria e consapevolezza. Lo sviluppo delle modificazioni di quest’ultima crea una variazione anche nella memoria che è divisa in vari livelli e può spingersi fino al senso dell’esserci e del non esserci in base alla coscienza dell’io e dell’altro. Quando si perde la memoria, si va a perdere automaticamente la coscienza e anche per questo risultano essere strettamente interdipendenti. Anche una macchina può perdere la memoria ma poi, attraverso un passaggio di carica elettrica e spin magnetico si può riaccendere e si può resettare e riempire nuovamente.

Ma non si può riempire con una coscienza, né con il dolore o con il piacere esistenziale e esperienziale.

Il Prof. Faggin, in proposito, ha portato l’esempio della rosa spiegando che la nostra corteccia cerebrale prende dall’esterno un segnale complesso composto da molteplici micro segnali e li converte immediatamente in un simbolo che a sua volta può ricollegarsi velocemente a dei vissuti, dei sogni, delle attese. L’uomo, attraverso anche il profumo, può dare un ulteriore significato al tutto e riempire un semplice oggetto (la rosa) di qualcosa di strettamente personale e unico. Una macchina non potrà mai arrivare a tanto perché è solo corpo.

La natura della consapevolezza inizia proprio quando una persona si stacca dall’idea di essere corpo e la realtà di colpo comincia a divenire più ricca. La consapevolezza, inoltre, può raggiungere capacità che vanno molto aldilà della nostra consapevolezza. È un gioco di parole per rispondere a quegli scienziati che pensano che il cervello sia un computer e invece sbagliano anche per il semplice fatto che ad oggi non si è ancora compreso dov’è la memoria e appunto la coscienza. Secondo il Prof. Faggin entrambe non possono essere mai esplorate appieno e soprattutto trovate perché da una parte si nascondono tra pieghe e parti non separabili e dall’altra siamo noi ad essere immersi in esse non esse site dentro di noi. Sul finale, Andreoli e Faggin entrambi d’accordo ancora una volta anche sul denunciare il fatto che gli scienziati ingaggiati dalle corporations vogliono farci pensare che siamo noi esseri umani ad essere delle macchine difettose e che si soffre perché oggi si vive solo fuori e siamo tutti invitati costantemente ad essere sempre e solo fuori senza pensare che abbiamo invece una coscienza del mondo fisico, una che viene dalle emozioni, una coscienza dei pensieri e una spirituale a supportarci per farci evolvere.

Concludendo, il Prof. Andreoli ha sottolineato come la catalogazione e la selezione innaturale (es. i like) alla quale siamo sempre più sottoposti ci può portare a breve a un grave problema etico e cognitivo che può innescare una assoluta degenerazione.

Questo rischio può essere combattuto solo con un risveglio. Di tutto questo e di molto altro ne parlano il prof. Andreoli nel suo ultimo libro (romanzo) Il rumore delle parole e il prof. Faggin nel suo libro autobiografico Silicio.

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